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il web dei cazzi altrui smettiamola rick dufer daily cogito newsletter 22 ottobre danny lazzarin

Il web dei ca*zi altrui: SMETTIAMOLA

Il Gossip e la nostra colpa In questi giorni è uscito un video dell’amico Danny Lazzarin che racconta una situazione davvero tragica sviluppatasi sul web. Non sto a riassumervi il contenuto, se volete lo potete guardare, ma il punto è il seguente: siamo di fronte alla necessità assoluta di fare un balzo in avanti nella relazione che intratteniamo con le piattaforme di contenuti online. La situazione di Danny mi fa capire quanto sia ancor più necessario comunicare al pubblico l’importanza di non cercare morbosamente la vita privata dei propri beniamini, questo gossippismo spinto la cui tentazione non viene mai messa in discussione e che sta alla radice di eventi come quello del video (rafforzando quel che ho detto qui). Infatti, se ci sono creatori di contenuti che monetizzano sulle sofferenze e sull’intimità altrui è solo perché c’è un vasto pubblico pronto a cibarsi di tale immondizia e credo che tutti noi, messi di fronte allo specchio, possiamo riconoscere questo problema. Io, ad esempio, ci sono caduto in queste settimane seguendo la vicenda di Will Smith e Jada Pinkett Smith e informandomi sulla tossicità della loro relazione, probabilmente guidato anche dal morboso piacere che si prova nel vedere come le celebrità, al fondo, conducano vite disastrate e al limite della nevrosi. Ora, per fortuna non ci ho fatto un video su, non ho monetizzato, ma dal momento in cui ho iniziato a fruire di tali contenuti sono diventato parte del problema. Non c’è poi tanta differenza tra il sottoscritto che guarda 3/4 video sugli ex-coniugi Smith e chi guarda lo sputtanamento di affari privati buttati sul web da qualcuno che vuole monetizzarci. Qualcuno starà già facendo un po’ di auto-indulgenza: “Ma cosa vuoi che sia, l’ho fatto solo quella volta lì”, ma se moltiplichiamo quella volta lì per milioni di persone, il fenomeno diventa gigante e dovremmo partire da noi stessi per migliorare il mondo circostante.  Non voglio essere troppo estremo e credo sia umano cadere, di tanto in tanto, nella tentazione di informarsi sulle vite private di coloro che ci sembrano irraggiungibili, ma non c’è alcun dubbio sul fatto che oggi questo fenomeno stia friggendo molte delle nostre sinapsi e, in fin dei conti, spesso cerchiamo soltanto questo. Ciò ha la doppia conseguenza di peggiorare la serenità di chi sul web ci lavora con onestà, proprio come Danny, e in secondo luogo di occupare il nostro cervello con informazioni completamente inutili, gossip che diventano rumore emotivo, facendoci dimenticare che potremmo usare internet per accrescerci, invece di impoverirci. Perciò, l’invito che vi faccio è questo: cogliamo l’occasione, come Community, di fare un passo di maturità, smettendo di occuparci dei fatti altrui, resistendo (almeno in una parte dei casi) alle sirene distorte del gossip, perché la cosa accaduta a Danny è molto più profonda della semplice denuncia nei confronti del pezzo di merda che l’ha perpetrata. Proviamo una buona volta ad abbandonare le cose superflue, che superflue non sono perché vanno poi a impattare profondamente e tragicamente sulla vita di chi è coinvolto. Io smetto di consumare contenuti su Will Smith e Jada Pinkett, rinunciando a quel po’ di morbosità piacevole, al fine di concentrarmi sulle cose davvero importanti. Se lo facciamo tutti, forse ne usciremo migliori.

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Smetti di iper-giudicarti newsletter 15 ottobre rick dufer daily cogito

Smetti di iper-giudicarti!

Il giudizio e le cicatrici Oggi una brevissima riflessione perché sono in viaggio  Siamo meravigliosamente bravi a trovare modi con cui infliggerci punizioni senza meritarle. Ci guardiamo allo specchio e scoviamo i difetti più invisibili del mondo, caratteristiche che nessuno si sognerebbe mai di vedere poiché scarsamente visibili anche al microscopio, e così ci mortifichiamo, ci sminuiamo e soffriamo più del necessario. La serenità sta nel rendersi conto di quanto poco veniamo giudicati dagli altri, dal momento che tutti sono impegnatissimi ad auto-giudicarsi in continuazione. Io ho delle cicatrici, dovute ad una vecchia malattia di anni e anni fa, e ricordo che per anni ero preoccupatissimo del fatto che qualcuno le vedesse, accorgendosi delle mie debolezze. E questa era la mia debolezza primaria: iper-giudicarmi per paura di essere “scoperto” (non si sa in quale colpa, peraltro). Il messaggio che vorrei mandare oggi è: ricordati che non sei sempre sotto i riflettori, non sei sotto il costante giudizio di sconosciuti, e se qualcuno ti giudica superficialmente è probabile che il suo giudizio e la sua amicizia abbiano ben poca importanza. Perdoniamoci le cicatrici, accettiamo i nostri difetti, familiarizziamo con le nostre unicità e forse riusciremo a conquistare noi stessi.  

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sarò all'altezza dei cambiamenti newsletter ufficiale rick dufer daily cogito

Sarò all’altezza dei cambiamenti?

Al cospetto dei cambiamenti Sarò all’altezza di quello che potrebbe accadere? Questa domanda sorge quando ci si rende conto che le condizioni del mondo in cui vivo traballano in modo vistoso. In questi giorni, con l’escalation del conflitto israelo-palestinese, non possiamo esimerci dal valutare le nostre condizoni e porci quella domanda lì: “Sarò all’altezza?”, “Sono pronto?” Qualcuno si chiederà: ma pronto a cosa? Al cambiamento. Non voglio ovviamente gufare, ma sempre di più sembra evidente che il modello di vita al quale siamo abituati (e che troppo spesso diamo per scontato) attraversa un momento di crisi esistenziale piuttosto preoccupante: le democrazie vengono meno nel mondo in via di sviluppo, le autocrazie tornano ad essere affascinanti per i più e la violenza, per molto tempo accantonata come strada per risolvere problemi, ha riacquistato terreno in modo preoccupante. Come sempre, il mio intento non è quello di allarmare perché in questo già i mezzi di informazione e i giornalisti fanno il loro sporco lavoro (male). Quel che voglio dire è che siamo in un momento delicatissimo nel quale molti meccanismi che sorreggono il mondo sono al di fuori del nostro controllo: non c’è alcun modo con cui uno di noi, cento di noi o anche mille di noi possano fare la differenza per quanto riguarda quei meccanismi del mondo che hanno preso a muoversi in modo pericoloso. Quel che ognuno di noi può fare però è guardarsi dentro e chiedersi: “Sarò all’altezza?” Essere all’altezza significa chiedersi come ho usato il periodo di tranquillità per lavorare su me stesso: ho usato il mio tempo in modo proficuo, accrescendomi sia umanamente che intellettualmente? Sono stato in grado di impiegare le mie energie per diventare più forte, più coraggioso, più consapevole? Oppure ho lasciato scorrere il tempo non curandomi del fatto che prima o poi le cose sarebbero cambiate? E quando il cambiamento giungerà, sarò una risorsa per le persone che amo, sarò un sostegno e un aiuto, oppure sarò un fardello, mi aggrapperò a loro in modo incontrollato, spingendole verso il crollo non per colpa loro ma per mia impreparazione?  Lo so, sono domande complicate, ma sono le domande inevitabili da porsi. E vorrei essere chiaro: queste non sono domande da porsi solo quando i venti di guerra avanzano e temiamo per la pace che davamo per scontata. Queste sono domande che dovremmo porci ogni giorno perché il cambiamento ci coglie sempre in modo imprevisto e se non ho avuto la forza di prepararmi, allora diventerò parte del problema e non un aiuto a chi vuole affrontarlo.

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la mia vita non è una serie tv newsletter ufficiale rick dufer daily cogito

La mia vita non è una Serie TV

L’abbandono dei Social Media Oggi ho pubblicato l’ultimo post sul mio profilo personale di Instagram e dal momento che rappresenta un momento molto particolare del percorso che ho intrapreso insieme a questa Community, penso sia necessario riproporre anche qui il testo di spiegazione. Buona domenica! Questo è il mio ultimo post. Su questo profilo non ci saranno più nuovi contenuti. Questa decisione si fonda sulla convinzione che i social media, per come vengono vissuti oggi, trasformino le nostre vite in serie TV e che la dimensione privata sia ormai totalmente appiattita sull’esposizione pubblica. Il mio lavoro è quello di produrre pensiero filosofico, attraverso video approfonditi e libri, ma l’interferenza della mia vita “privata”, per quanto faccia breccia emotiva sul pubblico, rischia sempre di erodere il buon lavoro che si cerca di fare, creando “distrazione da engagement”. Io cerco un pubblico che mi segue per il mio pensiero, non per la marca delle mie mutande. Non solo la sovrapposizione di privato e pubblico alimenta una relazione parasociale in cui chi crea contenuti è percepito sempre di più come un “amico” dal follower, ma impedisce al personaggio pubblico di vivere davvero i momenti privati della vita: se ogni volta in cui scatto una foto al mio cane lo faccio con il retropensiero dell’effetto che avrà sulla community, sto veramente ammalandomi di una cosa brutta. Sono convinto che la ricerca di attenzioni sui social stia corrodendo la nostra capacità di essere in pace con noi stessi: la vita pubblica è pervasa dalla necessità di mostrarsi per ciò gli altri si aspettano da te, impedendoti di fare quella necessaria introspezione che richiede una sana lontananza dalle maschere dei social. Io non sono quello che mostro al pubblico, dimensione interiore e pubblica sono tra loro irriducibili, e mostrare la mia vita privata come se fosse pubblica è, di fatto, mentire a me stesso e a voi. Pubblichiamo la vita privata per mostrare quanto siamo brillanti, fighi, irreprensibili, straordinari, ma non è così: siamo insicuri, traballanti e confusi come lo siamo stati fin dalla notte dei tempi. E avere sempre il pallino di mostrarsi condottieri trionfatori dell’esistenza non fa che alimentare un autoinganno che ci allontana dalla confidenza con il Sé e fa perdere contatto con la propria interiorità. Per il pubblico questo meccanismo è però ancora più velenoso. Infatti, vedere la vita fintamente meravigliosa dei nostri beniamini ci porta spesso a svalutare in modo irrecuperabile la nostra quotidianità: “Se il mio streamer di fiducia, che magari è un ragazzo come me, ha una vita così perfetta, perché io mi ritrovo con una vita tutta rotta e scalcagnata?” E dimentichiamo il fatto che si tratta di una doppia menzogna: in primo luogo, la vita del tuo streamer è scalcagnata proprio come la tua; in secondo luogo, la tua non è poi così miserevole quanto il confronto con quella menzogna ti fa percepire. Tutto diventa quindi finzione, una serie TV, ma l’effetto è quello di odiare un po’ di più la propria vita reale. Per tutto questo ho deciso di non pubblicare più nulla di privato, della mia vita in famiglia, dei miei svaghi, non perché sia diventato avaro di contenuti (di quelli filosofici ne avrete sempre a gogò, se ne vorrete) ma perché voglio proteggere la mia vita privata e non fornirvi menzogne articolate per dubitare della vostra vita. La mia vita è piena di inciampi, fallimenti, difficoltà ed errori, proprio come la vostra, e non sarò mai brillante quanto la mia immagine pubblica artefatta vi ha forse fatto percepire. Io ho bisogno di segregare il privato dal pubblico non al fine di mentirvi, ma proprio per proteggervi dalle mie menzogne. Qualcuno potrebbe sentirsi deluso da ciò, perché il contatto con la mia virtuale quotidianità dona un senso di familiarità, e ciò potrebbe compromettere la relazione che (non) abbiamo attraverso i social. Ma il contatto che avete con me non è quello con un conoscente o un amico, ma quello con una persona che attraverso uno schermo vi parla di filosofia per spingervi proprio a prendere in mano la vostra vita, e non confrontarla con quella di altri. Questa decisione aumenterà lo spazio pubblico del mio lavoro e, se un po’ vi fidate di me, col tempo ne trarrete grande giovamento. A questa decisione si accompagna un accrescimento della qualità delle live su YouTube e dei contenuti della newsletter: in quei luoghi troverete sempre maggiori strumenti per comprendere voi stessi e il mondo che vi circonda. Sono sempre il Rick DuFer che avete imparato ad amare, ora scevro di falsa familiarità. Rimarranno attivi gli account di Daily Cogito (Instagram e Facebook) dove potrete rimanere aggiornati su tutte le attività, online e onlife. E ci incontreremo spesso dal vivo, con spettacoli e conferenze (lì sì che potremo conoscerci davvero, seppur per pochi istanti ma preziosi). Spero che questa decisione venga presa per quel che è, ovvero il tentativo di migliorare ancora la Community, di cercare un modo per vivere in modo proficuo e umano questi spazi virtuali, di accrescere la consapevolezza mia e vostra nell’avventura sgangherata che questo XXI° secolo ci ha offerto. Vi auguro di riappropriarvi, nei modi che riterrete più opportuni, della vostra interiorità, separando nettamente la vita privata da quella pubblica e tornando a dare importanza al Sé, l’unico modo per esistere serenamente, da esseri umani per bene.

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Stratifica te stesso newsletter ufficiale rick dufer daily cogito

Stratifica te stesso

Conosci le tue stratificazioni In te ci sono forze che sei chiamato a scoprire. Per questo, l’atto di conoscenza di sé non è una libera scelta tra infinite possibilità, ma è una scoperta di ciò che ti alberga già dentro. Ciò che mi compone è nella quasi totalità un insieme di forze che ho ereditato, correnti che mi hanno attraversato, sedimentazioni che si sono stratificate ben prima che io potessi comprendere quel che sono. Come avrebbe detto Bergson, io sono la stratificazione più superficiale di una geologia le cui forme sono costruite nel corso dei millenni passati: la sedimentazione superficiale è fatta di asperità e colline, di pianure e punte aguzze, che nessuno di noi può cancellare, appianare o dimenticare senza conseguenze. La nostra coscienza è una cartografa dell’esistenza che è chiamata a percorrere, esplorare e mappare quella stratificazione, e la mappatura è ciò che le permette di orientarsi, di incamminarsi, di evitare pericoli, di comprendere le opportunità. La conoscenza di sé non è per nulla diversa dalla conoscenza di un territorio inesplorato, così vasto da non far bastare un’intera vita. La cosa straordinaria è comprendere che in quella stratificazione superficiale non sono solo: troverò alleati e nemici, entità cooperanti e temibili pericoli, rappresentati tanto da me stesso quanto dagli altri esploratori. Il territorio non è infatti confinato a me, ma si apre ai territori altrui, come se questa stratificazione fosse condivisa, e io rappresentassi solo una piccola porzione di un continente vastissimo e comunicante in modi imprevedibili. Curare la propria coscienza significa darle il tempo di scoprire come camminare su questa vasta porzione di esistenza, che non ci appartiene, di cui siamo la momentanea superficie, e tutto quello che faremo, vedremo e testimonieremo diventerà la sedimentazione geologica di chi domani camminerà su superfici future, di cui saremo diventati le fondamenta.

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cosa vuoi pensare veramente newsletter ufficiale rick dufer daily cogito

Cosa vuoi pensare davvero?

Cosa vuoi pensare? “Pensare ciò che si vuole e dire ciò che si pensa” è una delle citazioni di Spinoza che mi stanno più a cuore. Ma è facile concentrarsi solo sulla seconda parte: “Dire ciò che si pensa” oggi infatti è una cosa che sembrano fare tutti, senza remore, con tutte le conseguenze (brutali) del caso. Invece, è la prima parte della citazione quella veramente importante: cosa significa “pensare ciò che si vuole”? Come fai a pensare quel che vuoi? Beh, quella è la parte complicata della faccenda perché se è facile dire tutto quello che passa per la testa, molto difficile è far sì che tale atto sia preceduto da una chiara consapevolezza di come sono fatti i tuoi pensieri. “Pensare ciò che si vuole” significa comprendere com’è fatta la mia volontà, ovvero vuol dire conoscere davvero me stesso. Ciò che “voglio” non è infatti il frutto dell’arbitrio momentaneo del volere qualche cosa (il nuovo iPhone, un gelato all’amarena, una nuova relazione); ciò che “voglio” è ciò che corrisponde nel modo più limpido e cristallino a ciò che sono. La volontà non è lo slancio verso l’esterno, ma è l’atto di comprensione dell’interiorità. In questo modo, io non vorrò mai qualcosa di alieno a me stesso, non desidererò nulla se non ciò che fa profondamente parte della mia natura. Questo già lo diceva Seneca: l’animo buono è quello di chi vuole ciò che è. A quel punto, una volta reso chiaro al mio sguardo chi sono veramente, quel che penso corrisponderà in modo limpido, onesto, irrevocabile, a quel che sono, e quel che sono verrà espresso in modo diretto, non fraintendibile, da quel che penso e dico. La formula spinoziana “pensare ciò che si vuole e dire ciò che si pensa” non è un invito a dire tutto quello che ci passa arbitrariamente per la testa: questo ci renderebbe schiavi del momento, della transitorietà, della casualità; è invece un invito a conoscersi davvero, a guardarsi in profondità, a comprendere ciò che “voglio” in termini esistenziali e non materiali. Se io voglio quel che sono, penserò qualcosa di veramente mio e, quando lo esprimerò, starò esprimendo soprattutto me stesso e tutto ciò che a me corrisponde. E quella è la vera (difficilissima) libertà che ognuno ha il diritto di conquistare. Quindi, cosa vuoi pensare?

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