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Cosa imparare dai Puzzle (che ODIO)

Odio i puzzle, ma…

Ho sempre odiato i puzzle, devo ammetterlo: trovo tediosa l’azione di cercare i giusti incastri, le proporzioni e i colori corretti, rovistando tra quel che manca di trovare il proprio ordine. Eppure, sono consapevole che i puzzle portano un’importante lezione: come ti incastri tu nei pezzi che trovi intorno a te? 

Ognuno di noi può essere considerato il pezzetto di un puzzle di cui è difficile ricostruire l’intera immagine. Ma quel che possiamo fare è capire come sono fatti gli incastri già posti intorno a noi: infatti, quando veniamo al mondo, ci troviamo già circondati da insenature, protuberanze, faglie frastagliate, coste irregolari, e tutto questo è composto dalle altre persone e da quello che, prima di noi, hanno costruito nel mondo. 

Alcune volte ci scoraggiamo perché, non riuscendo a capire quale sia l’immagine dell’intero puzzle, perdiamo motivazione nel farne parte. Ma il compito di un pezzo del puzzle è comprendere non tanto il disegno completo (che sarà sempre al di fuori delle nostre capacità, anche perché nel tempo si trasformerà radicalmente), quanto piuttosto gli incastri che lo circondano da vicino. Ecco allora che la motivazione sarà quella di trovare la giusta proporzione, la “misura di sé” nelle relazioni con quello che mi sta vicino. In questo caso, il pezzo del puzzle riuscirà anche a volersi un po’ più bene, a trovare il suo scopo in mezzo al caos del tavolo su cui viene a comporsi.

Troppo spesso, l’incapacità di vedere il disegno completo si tramuta nel disinteresse per gli incastri a me prossimi: lì, iniziamo a non avere cura di chi ci circonda, dell’ambiente di cui siamo parte, dei doveri che siamo chiamati a rispettare, e diventiamo persone peggiori, rancorose, poco “incastrate” e senza misura. Il puzzle ci insegna a guardarci intorno, non troppo lontano, per aver cura degli incastri vicini.

Lì, c’è un pezzo di felicità anche per il pezzo di un puzzle.

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