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Winston Smith a Kiev?

In occasione dell’anniversario dell’invasione dell’Ucraina da parte delle forze russe di Putin, ho deciso di condividere con voi un brano tratto dal mio ultimo libro “La parola a don Chisciotte” che parla di bispensiero, incapacità logica e propaganda politica. Spero sia una buona lettura per la vostra domenica!

Il nostro ospite entra in studio vestito con una divisa da lavoro poco curata, gualcita e macchiata. Tiene sottobraccio alcuni plichi di fogli sparsi, disordinati. Il suo aspetto è trafelato, ansioso, ma non sembra rendersene conto. Si siede e tossisce rumorosamente, i capelli scompigliati e la barba poco curata completano un quadro che non rassicura sulla sua salute. Indossa le cuffie e si avvicina al microfono, anche se guarda lo strumento con diffidenza.

Rick: “Benvenuto ai Cogito Studios! La zombificazione è libertà?”
Winston Smith: “Beh, certo, l’ignoranza è forza, la guerra è pace!”
R: “… la mia era una battuta… ma insomma, vabbè. Come te la passi?”
W: “Il lavoro è tanto e sono molto stanco ma molto orgoglioso. Oggi ho cancellato dodici voci dai libri di storia e circa una ventina di riferimenti biografici…”
R: “… riferimenti biografici di chi?”
W: “Di persone che… che non sono mai esistite ovviamente…”
R: “Ma se li hai cancellati, esistevano, no?”
W: “Esistevano chi?”
R: “Le… persone di cui parlavi…”
W: “Io? Io non ho parlato.”

Qualcuno ha detto che 1984 era un romanzo distopico ma è stato preso come un manuale di istruzioni. Questo è certamente vero: la profetica visione sull’impoverimento e la manipolazione del linguaggio (la “Neolingua” o “Novalingua”), la capacità di cancellare la storia e il dissenso attraverso il controllo dei mass-media, la caduta delle democrazie in regimi autoritari basati sul consenso assoluto e pedissequamente accettato, tutti questi sono elementi che nei sessant’anni successivi alla pubblicazione del romanzo di Orwell si sono verificati, in minima o massima parte, in molti luoghi del mondo.

Ma più di ogni altro, l’elemento che è riuscito ad attecchire nella mente delle persone è il concetto di “bispensiero”, in originale “doublethink”: “Il Partito diceva che l’Oceania non era mai stata alleata dell’Eurasia. Lui, Winston Smith, era certo che l’Oceania fosse alleata dell’Eurasia ancora quattro anni prima. Ma dove stava questa certezza? Solo nella sua coscienza, che in ogni caso presto sarebbe stata cancellata. E se tutti gli altri accettavano la menzogna che imponeva il Partito – se tutti i documenti scritti raccontavano la stessa storia –, allora la menzogna passava alla storia e diventava verità. “Chi controlla il passato” recitava lo slogan del Partito “controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato.” Eppure, il passato, sebbene trasformabile per sua natura, non era mai stato trasformato. Quel che era vero adesso era vero da sempre e per sempre. Più semplice di così. Dovevi solo riportare una vittoria dopo l’altra sulla tua memoria. Si chiamava “controllo della realtà”: in Novalingua, “bipensare”. 

Il bispensiero fonda la sua forza sulla capacità, da parte di un individuo, di saper pensare al tempo stesso due elementi contradditori, esprimendoli con convinzione senza accorgersi della contraddizione stessa. Si tratta della violazione del primo principio di logica aristotelica e occidentale, ovvero il principio di non-contraddizione. Il bispensiero permette di affermare contemporaneamente e senza imbarazzo che “A” è vero e che coesiste con “non-A”. Posso quindi affermare senza ombra di dubbio di ricordare che l’Oceania era alleata dell’Eurasia, ma dire tranquillamente che l’Oceania e l’Eurasia non sono mai state alleate. Posso dire di aver avuto un fratello che ha contestato il Partito e di essere da sempre figlio unico. Ma la cosa più angosciante è che tutto questo non viene portato avanti come se fosse una menzogna: non c’è vergogna nel bispensiero, nel mondo di 1984 è diventata la normalità assoluta e non c’è bugia dietro questa contraddizione palese.

Se ci chiedessimo dove stia il bispensiero nel nostro mondo, senza dubbio potremmo prendere come esempio eclatante la politica cinese portata avanti da Xi Jinping e denominata Zero-Covid: in un discorso tenutosi poche settimane fa, il presidente del Partito Comunista Cinese ha affermato che “la politica Zero-Covid (ovvero la scelta di rinchiudere milioni di persone in casa, attraverso quella che è di fatto una detenzione forzata e sorvegliata dalla polizia, pena l’arresto e la reclusione, appena emerge un piccolo focolaio di Covid da qualche parte) è una scelta che promuove la libertà e la prosperità in Cina”. Questo è evidentemente bispensiero, dal momento che la politica Zero-Covid è portata avanti solo perché la Cina non è riuscita a vaccinare le persone e si tratta di una misura di contenimento tutt’altro che volta alla libertà e alla prosperità.

Senza dubbio, il bispensiero lo vediamo anche nel regime totalitario di Putin, laddove l’invasione dell’Ucraina è stata per mesi raccontata come una “liberazione dai nazisti”, una “denazificazione” volta liberare il popolo russo oppresso. Ma quello stesso popolo è stato bombardato e milioni di civili (quegli stessi civili “da liberare”) sono rimasti senza vita, senza casa o senza famiglia. Difficilmente la “liberazione dai nazisti” (“A”) può essere raggiunta massacrando coloro che si vuol liberare dai nazisti (“non-A”).
Ma anche qui in democrazia il bispensiero non manca. Proprio in merito alla guerra che la Russia ha mosso contro l’Ucraina, abbiamo visto in TV e in piazza persone e politici marciare “per la pace” chiedendo all’Ucraina di arrendersi, di accettare l’invasione di territori sovrani, chinando la testa di fronte all’atto genocida di Putin. In un mondo basato sulla logica, la “pace” non coesiste con la resa incondizionata dell’aggredito, poiché la conseguenza ultima di questo connubio sarebbe la crescita dell’idea secondo cui, per raggiungere i propri obiettivi, sia possibile compiere violenza su chi non accetta la mia volontà. E questo è l’esatto contrario della pace. Secondo questa visione, il motto del Grande Fratello “la Guerra è Pace” sarebbe assolutamente corretto: se tu aggressore fai la guerra, noi faremo la pace chiedendo la resa dell’aggredito. Insomma, se fai la guerra, noi faremo la pace: puro bispensiero.
Il bispensiero ha gioco facile in una società dove l’individuo ha smesso di credere in se stesso e di conseguenza nei valori che stanno alla base dei suoi pensieri. In un mondo dove il soggetto si sente inferiore al potere, soggiogato alle forze sovrastanti, le idee perdono la forza dei valori e finiscono per diventare orpelli intercambiabili a seconda del vento che tira. La vera forza del Partito è la mancanza di forza dell’individuo, la sua propensione a farsi dominare, a barattare la propria libertà ed unicità con l’omologazione del gruppo a cui decide di appartenere. All’inizio del romanzo, Winston scopre un sentimento di odio nei confronti del Grande Fratello, ma subito si spaventa, non ha il coraggio di coltivare e far crescere quel sentimento semplicemente perché un individuo che non crede in sé è costretto a credere nel Partito e non avrà mai la forza di nutrire veramente delle idee indipendenti.
Così, molte persone confondono l’idea di “pace”, la quale richiede di essere difesa da chi decide di attaccare una nazione sovrana, massacrandone i cittadini, con l’idea di “resa incondizionata”, spaventati dall’idea che la difesa della pace li costringa a venir coinvolti in beghe a cui non vogliono partecipare. Ma attenzione: non credo ci sia nulla di male nel volere che una guerra termini il più in fretta possibile e che così non ci coinvolga in prima persona, nessuno sta denunciando il “pacifismo” (anche perché io, personalmente, mi ritengo un pacifista). Ma la logica imporrebbe di ammettere che chiedere la resa di chi subisce una violenza non corrisponde all’idea di pace poiché, seguendo questa tendenza, si starebbe comunicando a tutti i violenti e despoti del mondo: “Fai pure la guerra per prenderti ciò che vuoi, noi vogliamo essere lasciati in pace!” – ecco, forse il principio di non contraddizione dovrebbe spingere chi oggi chiede la resa dell’Ucraina e lo stop delle sanzioni alla Russia di dire non più “voglio la pace”, quanto piuttosto “voglio essere lasciato in pace”.

Il bispensiero gioca quindi sull’insicurezza e la paura. Prima di tutto l’insicurezza di sé, dei valori su cui si poggiano le mie idee: se le mie visioni del mondo non poggiano su quello che io penso davvero ma sull’opinione più forte e diffusa, questo è il frutto che non sono sicuro di me stesso e ho bisogno dell’altrui riconoscimento e appoggio per sentirmi meno incerto. Nel Coriolano di Shakespeare c’è un personaggio che esprime meravigliosamente questo concetto. Si tratta di Menenio, senatore dal carattere forte e sicuro di sé che si trova a discutere con i pavidi tribuni della plebe e dice: “Sono conosciuto come un patrizio eccentrico, che ama la sua coppa di vin brulè senza neanche una goccia di Tevere ad annacquarla; uno che ha il difettuccio di decide a favore di chi parla per primo; uno che si infuria e prende fuoco per futili motivi, che ha più familiarità con le chiappe della notte che con la fronte del mattino.”
Menenio dimostra sicurezza di sé, dei presupposti delle sue idee e non necessita di vedere dove tira il vento prima di dire quel che pensa: la sua visione del mondo si poggia sulla sua personalità e su nient’altro e agisce in coerenza con quello che egli è. Menenio è il contrario del bispensiero, al contrario perfettamente rappresentato dai tribuni della plebe che, con tutta la loro insicura popolarità, alla fine avranno la meglio su Menenio.

In secondo luogo, la paura. Il Grande Fratello sa che i sudditi hanno paura delle conseguenze che le idee portano con sé e che la maggior parte delle persone esprime non quello che pensa davvero poiché la paura delle conseguenze le spinge a dire ciò che è più conveniente. Starsene zitti per paura di scontentare chi ha il potere, o addirittura farsi portavoce delle sue idee nonostante in cuor nostro sentiamo la loro ingiustizia solo per paura di perdere i nostri privilegi, è il segno di un individuo insicuro e pieno di timore. Se questo atteggiamento complice sul breve periodo ci sembra proficuo perché ci permette di “essere lasciati in pace”, rischia sempre di ritorcersi contro di noi quando la convenienza di oggi dovesse diventare lo sconveniente di domani. Come recita quel famoso aforisma di Martin Niemöller (erroneamente attribuito poi a Bertolt Brecht): “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare.” È evidente che l’antipatia, il fastidio, la preferenza politica, non sono valori ma sono sentimenti transitori che si sorreggono solo sulla volontà di essere lasciato in pace: ma essere lasciati in pace diventa il contrario della pace poiché, se nessuno interviene per fermare gli aggressori e si chiede all’aggredito di starsene buono e tranquillo, prima o poi l’aggredito sarò io. L’autore si riferiva proprio alla situazione dei tedeschi omertosi di fronte alle deportazioni naziste nella Germania di Hitler, ma le somiglianze con la nostra epoca, purtroppo, sono più numerose di quanto vorremmo.

La tragedia del bispensiero è che ci rende complici dei potenti e dei tiranni per poi trasformarci nelle loro vittime quando pensiamo che la nostra vigliaccheria ci abbia messi al sicuro. La democrazia e la libertà non possono che sorreggersi sulla logica, sulla coerenza e sulla libertà di dire quel che penso: Menenio è un soggetto della democrazia, non i tribuni della plebe. Ma questo, purtroppo, in troppi lo scoprono quando si pentono di aver annacquato il proprio vin brulè nel Tevere.

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